Corsi nel Cassetto

Perché siamo passati da Caravaggio a Fontana? Perché si è persa l’oggettiva bellezza dell’opera d’arte?

Il discorso che stiamo per affrontare è molto vasto e sfaccettato ma proveremo a riassumerlo per capire cos’è successo alle opere d’arte nel corso dei secoli.

L’arte, da sempre, vuole raccontare una storia.

Le pitture murarie degli uomini primitivi descrivevano la loro vita quotidiana: la caccia e la pesca, indispensabile per procurarsi il cibo, la convivialità e la spiritualità nelle loro credenze.

Gli antichi greci invece utilizzavano l’arte per rendere omaggio agli dei dell’olimpo: la pura bellezza e perfezione degli dei alla quale gli uomini aspiravano attraverso le discipline atletiche.

Nel medioevo l’arte subisce un forte cambiamento: la storia che si vuole raccontare attraverso dipinti e manufatti viene considerata di vera bellezza nel compimento della sua utilità e fedeltà ai canoni che sono stati commissionati (per esempio l’Altare d’oro di Sant’Ambrogio, una delle prime opere firmate dall’artista giunte a noi e che avremo il piacere di approfondire nel corso di Storia dell’Arte Lombarda, è un esempio perfetto per descrivere la bellezza e l’utilità del manufatto).

Inoltre, nel medioevo, si afferma la religione cristiana ma le celebrazioni erano in latino e non tutti i fedeli potevano comprendere: ecco che la pittura, più precisamente gli affreschi, diventano biblia pauperum, una bibbia per i poveri quindi per le persone non istruite.

Durante il Rinascimento possiamo ammirare un ritorno alla bellezza classica, quella dell’antica Gracia, con delle variazioni: grazie agli studi di artisti molto importanti, come Leonardo da Vinci, viene introdotto il movimento e l’espressività nella perfezione statica classica.

Questo cambiamento è dovuto anche alla diversa committenza: subentrano molti ricchi signori desiderosi di affermare il loro potere anche attraverso l’arte che li rappresenta come degli dei invincibili e salvatori degli uomini, infatti si andrà a creare anche una sovrapposizione tra potere temporale e religioso più forte che nel medioevo.

Cosa cambia con la fotografia

Innumerevoli sfaccettature caratterizzeranno poi la storia dell’arte ma un particolare episodio creerà una frattura molto forte con il passato e la bellezza: l’invenzione della fotografia nella prima metà dell’ottocento in Francia.

Gli artisti, che prima rappresentavano la bellezza della storia, della natura, della realtà, si trovano sostituiti da un aggeggio meccanico che in pochi secondi crea quello che loro potevano dipingere in settimane, o addirittura mesi.

I ricchi signori non chiedevano più ritratti o dipinti ma virano sulla fotografia, quindi per gli artisti arriva il momento di reinventarsi completamente con i pro e i contro della situazione.

Nasce, nella seconda metà dell’ottocento, il movimento degli Impressionisti che oggi apprezziamo moltissimo ma non è stato affatto semplice per loro ricevere lo stesso apprezzamento nella Parigi dell’ottocento. La poetica del movimento era basata sulla rappresentazione dell’impressione, dell’attimo, della sensazione e delle luci; i quadri erano realizzati spesso en plain air (all’aria aperta) e molto velocemente per non perdere la percezione dell’impressione, e per fare questo sono state utilizzate nuove tecniche pittoriche che consistevano nell’accostamento di tocchi di colori complementari per creare un’illusione ottica di luce diffusa (tecnica ripresa dalle ricerche del Pointillisme). Queste novità non sono affatto piaciute ai francesi che iniziarono a chiamare il movimento Impressionismo in senso dispregiativo, le loro opere vennero esposte al Salon de Refuses per togliere loro ogni speranza.

Anche a seguire gli artisti del Post Impressionismo non ebbero molta fortuna, Van Gogh e Gauguin per esempio morirono molto poveri quando invece ai giorni nostri sarebbero stati plurimiliardari.

La domanda sorge spontanea: perché?

Radicarsi nella tradizione è tipico della società, ogni volta che arriva un cambiamento diventiamo rigidi e non sempre in grado di dare un’opinione obiettiva. Siamo abituati all’idea scolastica di arte: la bellezza, il valore della storia e la capacità di capire quello che stiamo guardando.

Cos’è successo dopo l’Impressionismo?

Un artista non aveva più nessun interesse a rappresentare la realtà così com’è perché la fotografia ha sostituito questo compito.

L’arte diventa ricerca di andare oltre a quello che è visibile all’occhio umano, si cerca di essere più introspettivi e si porta lo “spettatore” a fare uno sforzo mentale in più per capire il senso dell’opera.

Qualche esempio per essere più chiari: il Surrealismo di Magritte e Dalì ci porta in una dimensione irreale, un sogno confuso che accosta elementi completamente impossibili (rocce fluttuanti, teste a nuvola, elefanti su zampe di ragno).

La Pop Art di Andy Warhol vuole farci riflettere sull’oggetto quotidiano che appare banale ma rappresenta il consumismo della società, e nel successivo movimento Dadaismo (la ruota o l’urinatoio di Duchamp) l’oggetto quotidiano, apparentemente insensato, diventa provocazione: portare una ruota di bicicletta in un museo, togliendola dalla sua funzione, diventa un’opera d’arte fine a se stessa.

E avanti così con altri moltissimi movimenti artistici provocatori che portano la società a riflettere sull’opera d’arte e non solo alla pura contemplazione.

L’arte come specchio della società

La differenza con la Francia dell’ottocento è che i nostri attuali artisti non moriranno poveri e incompresi perché noi siamo stati in grado di cogliere la novità e il valore del cambiamento.

L’arte è lo specchio della società e, al giorno d’oggi, non avrebbe senso dipingere una splendida veduta o una bella ragazza vestita elegante.

Noi stiamo andando avanti, continue ricerche e il diverso modo di comunicare influenzano costantemente il mondo dell’arte; guardiamo per esempio una delle ultime trovate: la banana appesa in un museo con un pezzo di scotch da Cattelan.

Sui social è stata utilizzata moltissimo come meme, pubblicità e oggetto ironico, ecco che tutti la conosciamo grazie ai nuovi metodi di veicolare le informazioni!

Immagino che qualcuno stia pensando: “Beh ma questo lo potevo fare anche io!” bene, e perché allora non lo avete fatto prima di Cattelan? E dopo questa affermazione qualcun altro penserà: “Allora tutti possiamo essere artisti!” purtroppo non è così.

La grandezza di un artista si misura anche e soprattutto da suo percorso artistico, non basta appendere una banana al muro, tagliare una tela o fare la cacca in un barattolo.

Il discorso è molto vasto ma Cattelan, Fontana e Manzoni arrivano da un percorso artistico di ricerche che li hanno portati a potersi permettere di creare delle tali provocazioni.

Questi sono tutti argomenti che avrò il piacere di approfondire con voi durante il corso di Storia dell’Arte Moderna/Contemporanea e Storia dell’Arte Lombarda (li trovi nella categoria Cultura&Spettacolo), spero di avervi incuriosito!

Mi permetto di concludere con una frase che secondo me riassume in modo esemplare il concetto che volevo trasmettervi in questo articolo: “Noi riflettiamo il mondo che c’è, deprimente com’è. Questo non è il momento storico di fare lavori carini.” Jake & Dinos Chapman (coppia di artisti iperrealisti).

[vc_message icon_fontawesome=”fa fa-user”]Approfondimento a cura di Roberta De Bernardi. Laurea triennale in Scienze dei Beni Culturali; laurea magistrale in Archeologia e Storia dell’Arte (indirizzo artistico). Docente di Storia dell’Arte lombarda e Storia dell’Arte contemporanea presso l’Università della terza età di Castellanza e di Fagnano Olona per 2 anni consecutivi. Mediatore Culturale presso Palazzo Reale Milano in occasione della mostra temporanea “La Grande Madre” di Fondazione Trussardi (2015) e presso Palazzo Marino Milano durante l’esposizione nel periodo natalizio della “Madonna Esterhazy” di Raffaello (2014). Assistente di galleria presso Galleria Il Milione di Milano (2015/2016). Attualmente Responsabile Marketing e Junior Sales Account Manager presso Milestone srl Novara.[/vc_message]